Comunicato stampa n. 18/2023 del 17 luglio
In provincia di Belluno superfici dismesse calate del 9% in sei anni
Scarzanella: «Territorio al top per risparmio di consumo di suolo. Ora lavorare per riconvertire i capannoni abbandonati»
Cosa è successo al patrimonio edilizio industriale-artigianale veneto negli ultimi sei anni (2016/2022)? Cresce lo stock, crescono le compravendite e, soprattutto, diminuiscono gli immobili produttivi inutilizzati. Lo dice la ricerca “Patrimonio edilizio artigianale-industriale inutilizzato in Veneto. Quantità, caratteristiche e dinamiche 2017-2023”, avviata nel mese di settembre 2022 e conclusa nel mese di febbraio 2023, realizzata da Smart Land srl su commessa di Confartigianato Imprese Veneto.
Il censimento – Rispetto alle 10.600 unità immobiliari produttive inutilizzate in Veneto rilevate nel 2016, dalla precedente ricerca, nel 2022 ne vengono stimate 9.200, rilevando una contrazione del 13%, pari a circa 1.400 unità immobiliari recuperate e riutilizzate in termini assoluti. Ad oggi, ogni 10 unità produttive, ve ne è una dismessa. A livello di superfici vi sono 18,15 milioni di metri quadri di dismesso, in diminuzione del 16% rispetto alla precedente rilevazione del 2016.
Significa che c’è stato un recupero del patrimonio esistente, agevolato da una crescita del valore aggiunto del settore manifatturiero che, secondo i dati Istat, è cresciuto del 12,9% tra il 2016 e il 2021. Anche se le imprese, secondo i dati Unioncamere, diminuiscono in termini numerici, crescono in modo rilevante gli addetti, +6,8% nel settore industriale e +14,6% nel settore della logistica. Una congiuntura che conferma un cambiamento nella dimensione d’impresa e nel volume della produzione che porta con sé necessità diverse rispetto a un tempo in termini di spazi e localizzazione.
La situazione a Belluno – La provincia di Belluno è quella con l’incidenza della superficie produttiva sul totale della superficie provinciale più bassa del Veneto (0,3%): normale per un territorio di montagna. Di conseguenza, anche il rapporto tra superficie consumata e superficie produttiva/commerciale derivante da grandi aree produttive è il più basso del Veneto: 12,5% su una media regionale del 17,2%.
Dal 2016 al 2022 il valore aggiunto del settore manifatturiero è cresciuto dell’11,4% nel Bellunese; nello stesso periodo calano le localizzazioni (sedi d’impresa e unità locali) attive (-6,6%), ma aumentano gli addetti (+6,8%). Cambiano quindi la dimensione d’impresa e il volume di produzione.
Al 2022 risultano 520 unità produttive inutilizzate, vale a dire il 9,8% dello stock produttivo, in diminuzione del 9,3% rispetto alla rilevazione del 2016 (-53 unità). Negli ultimi sei anni il risparmio di suolo è stato notevole: -136.954 metri quadrati di superfici dismesse e inutilizzate (-11%).
Il commento – «Questi dati sono significativi» afferma la presidente di Confartigianato Belluno Claudia Scarzanella. «Significa che si sta lavorando in un’ottica di recupero e quindi in direzione contraria al consumo di suolo e di verde. Sono dati importanti anche perché da qui si parte per una possibile e auspicabile pianificazione: la consistenza del patrimonio produttivo inutilizzato per tipologia, caratteristiche e localizzazione permette di individuare specifiche politiche di intervento e riconversione. Se il trend è quello di concentrare le superfici produttive, il mercato immobiliare dei grandi capannoni da recuperare è privilegiato, ma anche il comparto artigiano può dire la sua. Confartigianato si mette a disposizione dei territori in un’ottica di riutilizzo per rispondere alle necessità delle comunità locali».
«Con questa indagine, possiamo stimare il mercato che sarebbe possibile attivare dalla riconversione del patrimonio immobiliare inutilizzato. E di conseguenza pensare ai benefici economici che potrebbero attivarsi, ai quali vanno sommati i potenziali benefici sociali» aggiunge Fabio Zatta, presidente di mestiere degli edili di Confartigianato Belluno. «In montagna il recupero può significare anche risposte alla domanda di residenzialità, di spazi alternativi per usi sociali, superfici a disposizione per la sostenibilità energetica, opportunità di nuovi servizi e funzioni per le comunità, ma anche risparmio di suolo consumato, risparmio di CO2, rinaturalizzazione del suolo».