STUDI – Meccanica in ripresa, con spinta domanda interna e made in Italy +5,5% vs pre-Covid-19

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La ripresa in corso è trainata dagli investimenti, una componente della domanda che in Italia presenta un maggiore dinamismo rispetto agli altri paesi europei. Un impulso determinante al recupero in corso proviene dalla domanda interna di macchinari, sostenuta dal credito di imposta per gli investimenti per la ‘transizione 4.0’.

La caratteristiche del ciclo economico avviato dopo la pandemia e i segnali delle congiuntura del comparto della meccanica sono emerse oggi nel corso della presentazione dell’Ufficio Studi del Rapporto Confartigianato Meccanica 2021, nel corso del convegno organizzato dalla Direzione Politiche Economiche – Sistema Imprese della Confederazione, in collaborazione con A.P.I. e tenuto nel Villaggio Confartigianato a MECSPE Bologna Fiere.

Nei primi otto mesi del 2021 l’Italia le esportazioni dei prodotti della meccanica superano del 5,5% il livello dello stesso periodo del 2019, precedente allo scoppio della pandemia, facendo meglio della Spagna (+0,8%) e della media Ue (+1,1%); la ripresa delle esportazioni del settore è in ritardo in Germania (-2,7%) e in Francia (-4,7%).

Rischi e incertezze – Il Rapporto esamina le tensioni sui prezzi delle commodities e dell’energia che depotenzia lo slancio della ripresa: ad ottobre 2021 i prezzi dei metalli di base segnano un aumento del 31,4% su base annua. A materie prime scarse e con prezzi crescenti si associa la difficoltà di reperimento di personale, che nel 2021 sale sui valori massimi dell’ultimo decennio.

I numeri chiave della meccanica – La meccanica rappresenta un settore chiave della tecnologia made in Italy, generando un fatturato di 365,1 miliardi di euro e 191,3 miliardi di euro di esportazioni, pari al 38,6% del made in Italy, e conta sull’apporto di 175.353 imprese registrate di cui la metà (51,5%) è rappresentato da 90.326 imprese artigiane. Rilevante il peso occupazionale del settore: i principali comparti contano, infatti, 1.064.569 addetti, di cui 72,4% in micro, piccole e medie imprese con meno di 250 addetti, il doppio del 35,5% della Germania e superiore di ben 23,9 punti rispetto alla media del 48,5% relativa a 18 paesi Ue per cui sono disponibili i dati.

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